di Andrea Olivotto

Corda lunga

E’ buio sul ghiacciaio.

Termino di allacciarmi i ramponi e mi viene in mente il titolo del libro di Hermann Buhl, l’epica salita al Nanga Parbat, la “montagna nuda”, perché sulle sue ripidissime pareti nemmeno la neve riesce a permanere.

Tre del mattino, Obere Plattje a 3.277 m, proprio dove inizia il Monte Rosa Gletscher.

Da una quarantina di minuti Fil ed io abbiamo lasciato la confortevole Monterosa Hütte, ormai non la vediamo più, nascosta dietro alla spalla rocciosa che abbiamo appena percorso. Più sotto, il bagliore delle lampade delle poche cordate che ci hanno seguito sulla via appare e scompare traballante al ritmo del loro incedere.

Alzo lo sguardo alla notte e il bagliore della mia frontale si smaterializza dolcemente nel nulla, non avendo più nulla contro cui infrangersi.

E’ una notte senza luna, con un’infinità di stelle sopra di noi. Sono così tante che non si distinguono più nemmeno le costellazioni principali.

Sorrido al pensiero dello sforzo che nel tempo l’uomo ha fatto per cercare di sistematizzare quel caos primordiale in forme di fantasia, la visione limitata di un cielo come insieme – appunto – di costellazioni. Molto più bello così stanotte, talmente tante stelle da dissuadere chiunque a provare a metterci ordine.

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La corda tra me e Fil è lunga, con un paio di nodi a palla in mezzo, mentre approcciamo questo tratto molto crepacciato del ghiacciaio, cercando la via migliore per passare.

Data la distanza tra noi, le luci delle nostre frontali fendono il buio distinte, io cerco di contribuire al meglio alla ricerca illuminando dove può essere più utile… il problema però è… dove guardare? Dove andare?

Sinistra poi destra, poi sinistra, avanziamo e ci fermiamo, poi torniamo indietro, camminiamo su piccole creste tra i crepacci aperti, superando qualche ponte. Nonostante il sopralluogo di ieri sera e il confronto con il gestore del rifugio studiando le foto della via, con questo buio la traccia proprio non si vede e Fil ha il suo bel da fare.

Riproviamo, torniamo indietro e ritentiamo a destra di nuovo.

Sotto, due frontali si avvicinano spostandosi verso di noi, ci hanno osservato vedendoci zig-zagare nel buio alla ricerca della traccia che non c’è e ci seguono.

Fil intuisce il passaggio, grande! Ora intravedo anch’io le peste nella neve, siamo nella direzione giusta.Prendo un waypoint con il GPS, ci servisse mai al ritorno.

Finalmente liberi all’uscita di questo labirinto di ghiaccio, ci lanciamo veloci verso l’alto, dove il cielo diventa senza stelle perché coperto dal profilo nero della Nordend a sinistra e della Dufour a destra.